giudizio tecnico: ECCEZIONALE
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In un periodo in cui i poco previdenti hanno dichiarato il formato long playing morente o morto, l'ultimo di Suzanne Vega (pubblicato su CD nel Luglio 2007 e più di recente su vinile dalla Classic Records) è un ottimo richiamo sul fatto che mettere insieme un programma coerente di motivi ben prodotti (e attentamente registrati) rimane la più soddisfacente forma d'arte musicale. L'album
ha vinto un ben meritato Grammy nello scorso Febbraio, per la categoria ‘album meglio prodotto, non classica’.
Pur ancora caratterizzata da una voce fanciullesca, la quarantottenne Vega pare aver trovato la sua dimensione di artista di mezz'età in questo bell'album, quintessenzialmente newyorkese, in cui lei valorizza il suo passato, ad iniziare da Zephyr and I, che ricorda Lou Reed. Ripensando alla West End Avenue con un amico del suo fratello minore Tim, l'artista metropolitano Zephyr, la Vega
ricorda l'ormai scomparsa scema degli anni 70. «I ragazzi non ci sono più, ma il loro spirito
rimane», canta con dolce rassegnazione. Ludlow Street, la strada in cui un tempo viveva suo fratello, prosegue il tema, mentre lei descrive il suo ritorno ad una scena incompleta, in cui lui è andato via per essere rimpiazzato da «gente di un'altra generazione ».
In Frank and Ava, chiaramente ispirato alla volatile relazione tra Sinatra e la Gardner, quando lei canta la lirica «la loro chimica, come per te e me, funzionò per tutta la vita, ma ora noi sappiamo che non è abbastanza per innamorarsi», la canzone potrebbe benissimo essere ispirata alla sua relazione con il suo ex, il produttore Mitchell Froom, con cui è stata sposata dal 1995 al 1998 (lei ha
cantato anche di ciò, in un album precedente), o forse parla solo di una coppia con un'intesa fisica perfetta ma non altrettanto a livello intellettuale. She's a Pornographer's Dream è un motivo ritmato in bossa nova più diretto che al vostro recensore pare ispirato al duo francese Air.
Bound sembra parlare del suo ricostruito rapporto affettivo col suo attuale marito (dopo ventiquattro anni), l'avvocato/poeta Paul Mills. E' una di quelle canzoni tipo ‘ora che sono merce usata continuerai a stare con me’ che solo le donne possono scrivere. E qui la recensione va sul personale. Sto leggendo i crediti sulla copertina a libro deliziosamente composta e noto una dedica al suo marito Paul Mills. Il nome mi suona familiare. Guardo sull'altro lato interno della copertina e trovo quella che pare una foto nuziale e riconosco la faccia. Vengo sommerso
da una valanga di ricordi indistinti e mi vengono alla mente un'immagine, una voce
e una cadenza di un giovane Paul Mills a Boston all'inizio degli anni '70.
Ho senz'altro avuto a che fare con questo tizio, nel periodico Fusion o in qualche situazione di vita, ma sicuramente nella scena di Boston e ovviamente ciò scatena un torrente di ricordi incorrelati risalenti a quel periodo che sembrano essere tutti legati al tema principale del disco.
Faccio quindi una ricerca su Mr. Mills e scopro che egli era un poeta di strada e artista
newyorkese che si faceva chiamare Poez. Una foto di questo giovane appare nella ricerca di Google e fa scattare un interruttore!
E' il Paul Mills che conoscevo. Trovo il suo sito web e scopro che sta esponendo a New York proprio mentre scrivo questa recensione.
Torniamo ora alla recensione: si tratta di una raccolta abbastanza limitata ma che scava a fondo, aiutata sia dalle interpretazioni ipnoticamente distaccate ma in qualche modo intimistiche
della signora Vega, sia dalla produzione umorale, simpatica, piena di accenti di archi
e fiati. Nuovi accenti aduggiano dietro ogni etereo angolo. Anche se è stato pubblicato
in estate, l'album è molto adatto ad un giorno di pioggia.
Registrato, tra gli altri posto, al Sear Sound e ai famosi Olympic Studios di Londra, il
suono è caldo e appropriatamente valvolare, pur mentendosi ad una giusta distanza,
come si confà ad una frequentazione di ricordi fortemente sentiti. Michael
Fremer/www.musicangle.com